Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
La mia opinione personale non è che i brand stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset, chi detta le regole è sempre il mercato e l’ambiente che lo circonda.
Gli avvenimenti successi negli ultimi 16 mesi hanno solamente accelerato un cambio che era già in atto, il virus e tutto quello che è venuto con lui ha scatenato un esodo dell’investimento di comunicazione dai media tradizionali ai media digitali per ovvi motivi, che erano già nell’aria da qualche anno.
Il cambio è una costante che non cambia mai, questo vale per tutti, se pensiamo alle mode, ai costumi che cambiano costantemente, alle marche che appaiono e scompaiono dai nostri schermi alla velocità della luce.
I brand stanno solamente seguendo la strada che detta il mercato, si stanno adattando e correggendo le loro politiche di comunicazione verso prospettive più green e di economia circolare, quello che effettivamente stanno facendo è passare dalla politica del dire (Traditional Advertising) a una politica del fare (Experience & Empathy Advertising).
La nuova modalità di comunicare dei brand nasce proprio dal loro stesso uso eccessivo e sbagliato dei social, per anni hanno invaso con messaggi poco empatici e convincenti le nostre vite e ci hanno insegnato a diffidare dagli annunci in generale, oggi una marca deve comunicare veramente con i clienti, non più una comunicazione unilaterale, ma interattiva, loro dicono qualcosa e il cliente reaziona, con un like, con un apprezzamento o con una domanda o magari comprando il prodotto, poi si crea una comunicazione fissa, personalizzata che crea un percorso insieme, questo è il vero cambio nella comunicazione, ma non provocato solo dal Covid, ma da noi come esseri umani che seguono un percorso chiamato “vita”.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Le difficoltà che hanno trovato le imprese sono relative alla categoria di appartenenza, non possiamo fare di tutta l’erba un fascio ovviamente, ma in generale il problema più grande non è stato comunicare, perché le persone erano quasi tutte a casa e le marche lo sapevano, l’unica soluzione era canalizzare tutto sui media digitali, la vera sfida era come differenziarsi dagli altri concorrenti ammassati sullo stesso digital media channel.
E qui si gioca il punto più importante che veramente fa la differenza tra la comunicazione di bassa qualità da quella che genera interesse e rilevanza alla marca che investe in comunicazione, la strategia e la creatività.
Solo attraverso l’analisi e le idee una marca può riuscire ad emergere in un momento di difficoltà, le marche che sono riuscite a comunicare in maniera genuina, trasparente, positiva e originale sono quelle che usciranno vincitrici da questo anno complicato.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Ci sono moltissimi modi di comunicare correttamente con l’utenza rispettando i valori di marca, il punto è capire in che momento, con quale tono e con quale media è più opportuno rispetto agli obbiettivi della marca, uno dei problemi più grandi delle marche oggi è comunicare con la generazione Z ed Y, cosi vicine a noi millenials ma cosi differenti, sono target ormai disgustati dalla pubblicità esplicita, non comprano qualsiasi cosa gli si metta davanti, richiedono uno studio analitico e una creazione di contenuti ricercata, vanno molto di moda i contenuti UGC (User Generated Content) privi di Call to Action, slogan, o qualsiasi riferimento ad ogni tipo di pubblicità intesa in modo classico, per dirlo in parole semplici “ che ti vende qualcosa”, e proprio da questo punto di partenza si fonda la nuova pubblicità, la nuova relazione tra consumatori e marche scambiando idee ed opinioni per avere prodotti più genuini, affidabili e ecosostenibili.
Per concludere, si è vero che sta diventando sempre più complicato comunicare per un brand in un mondo che cambia alla velocità della luce, ma questo è quello che ci manterrà vivi, se non c’è cambio non c’è evoluzione.