Proverbio Giapponese – “Sii tu il primo, per un cambiamento, futuro. Senza, esserne così travolto.”
Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
Dopo questo lungo periodo considerato “fermo”, inattivo rispettivamente contestualizzato al periodo della pandemia (avendo conosciuto così il Covid-ID), questo è il dato su cui è centrato, il fulcro del cambiamento. Che sia comunicativo, visuale, con un’alterata espressione linguistica, multidisciplinare nella multimedialità.
Le aziende in pochissimo tempo, con range differenti, sono state all’altezza di recuperare dati e portare alla luce ciò che le rappresentava, senza perdere in alcun modo la potenziale visione di crescita, d’affermazione nel settore, stando, non per tutti sulla “cresta dell’onda” riparando e soppesando, rivalutando così alcune relazioni comunicative (quindi mantenendo il proprio asset, e linee di riferimento, inalterato. Rendendo fruibili contenuti che in taluni casi sono stati percepiti come soggetti, nei vari canali di riferimento, su piani diver-sificati, lontani da quello che realmente stava accadendo).
Le modalità di cambiamento, inerenti agli asset aziendali, così come nelle piccole realtà quali studi di comunicazione, design, arte hanno trovato piani di relazione mediatici, più importanti per una rinascita e promozione futura. Alterati comunque, dalla situazione altalenante, senza trovare a volte, (non per tutti) una via di sfogo e d’interazione. Per un periodo, è stato percepito (suppongo soprattutto da grandi, medie imprese), un tempo troppo lungo per poter dare, e fare praticamente, ma ampliando un nuovo “canale” sociale, mediatico e rappresentativo, hanno potuto sviluppare progredendo, nei progetti.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
La comunicazione visuale, interattiva è alla base della creatività senza, non vi può essere una crescita visuale, matura rispetto ai tempi di lock down, e quindi una promozione di brand, ma solamente una omologazione, in tempi differenti scanditi dall’inizio del primo periodo chiusure, pandemiche, senza però non discostandoci dalla loro “storicità” individuale. Il carattere che le rappresenta. Si è percepito ciò, relativo alla loro storicità, rimane per lo più inalterato, questo carattere. Ciò che si vuol proporre come “novità” è considerato un’omonimia trasversale, in merito a quello che il mercato già offre, dando così variabili e nuove possibilità, pur non comprendendo ciò di cui si ha reale “necessità”. Penso che si possa essere sempre originali, anche utilizzando la stessa tipologia comunicativa, con le stesse modalità senza però né demotivare né scadere nella banalità, sviluppando così un’intelligenza Sociale d’interazione visiva. A breve, in tempi futuri, la socialità comunicativa, avrà una possibilità di raffinazione… non solo con gli stessi “mezzi” già conosciuti, che si potranno comunque utilizzare, ma scoprendone di altri.
A questo punto sono del parere che ci si aspetti di vivere comunicando, promuovendo al difuori di situazioni denominate, “interaction-screen-promotions”. L’originalità non deve mai prevaricare le richieste del market-flow, proponendosi naturalmente in ambiti consueti, sociali, in dinamiche per contestualizzare ciò che realmente, è. La sua reale natura.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Le aziende a mio parere, hanno dovuto preservare ciò che il brand rappresenta, e dare così comunicativamente al parterre di spettatori, sicurezza nelle strategie comunicative, non dimenticando il prodotto, in sé. I social sono stati alla base di tutta questa relazione, e così anche per il futuro si stanno relativamente rispettando delle scelte, senza prevaricare né forzare le decisioni di coloro che si affidano al “brand”. Dietro ad una visione di massa, ci sono delle piccole realtà che portano avanti la storicità e l’evoluzione, di un intero sviluppo sociale-comunicativo, per un futuro diversificato in contesti Bio-Sociali.
Bisognerebbe, far in modo che le aziende rimanessero sempre “connesse”, nel flusso comunicativo dell’interazione Social, per promuovere le novità con attività, coinvolgendo colui che “costretto” durante questi momenti, potrebbe essere ancor più creativo, affidandosi al “brand” in una realtà diversa, immersa non solo nel mondo “virtuale”, ma d’interazione sociale.