Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
La pandemia che abbiamo attraversato nel suo picco e che stiamo vivendo ancora oggi ha certamente prodotto sensibilità nuove. Il profondo senso di unione e solidarietà che è scaturito da un simile scenario ha innescato modalità comunicative per certi versi inedite, poiché è vero che le aziende hanno deciso di puntare forte su temi come l’ecosostenibilità e il sociale. Il rallentamento forzato di alcune dinamiche di vita – specialmente lavorativa – ha indotto una riflessione globale sui valori del Brand, che devono sempre più orientarsi nelle direzioni suindicate. Seguendo questo punto di vista, comunicando anche la faccia solidale e più umana di un’azienda, le persone trovano nel Brand una sponda inattesa. Il fatto di poter condividere valori comuni che travalicano il messaggio originario diventa elemento innovativo che crea legami ancora più saldi con gli utenti. L’empatia è stata certamente amplificata.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Certamente il concetto di “nicchia” resta preponderante: oggi, a maggior ragione, si è reso necessario segmentare ancora di più le proprie competenze per arrivare al target desiderato. Quando si riesce ad essere davvero verticali su settore, ecco che si produce la differenza. Come sempre vale il vecchio adagio che recita: “Content is the king”. Dalla nostra esperienza è emerso chiaramente che chi ha saputo reinventarsi in questa direzione, senza mai abdicare alla qualità, non soltanto non ha sofferto dell’impatto causato dal Covid19, ma è addirittura cresciuto. Questo accade quando riesci ad offrire una comunicazione che scansa la banalità e attira migliaia di potenziali utenti chiusi in casa e, dunque, maggiormente reattivi rispetto ad uno degli unici canali di sfogo possibili: l’online.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Il proliferare delle piattaforme social reca con sé aspetti positivi e connotazioni problematiche. Da un lato la possibilità di sfruttare una molteplicità di voci diverse per la propria comunicazione può rivelarsi un vantaggio in termini di massa critica; dall’altro è spesso vero che una selezione sulla qualità intrinseca del social network si rende necessaria. Stiamo infatti assistendo ad un aumento esponenziale di canali che aprono, godono di un discreto successo temporaneo e poi finiscono nel dimenticatoio. Anche in questo caso, allora, vale la regola “less is more”: oggi, in comunicazione, vince chi ha il coraggio di specializzarsi anche per il modo in cui veicola il proprio messaggio. Il processo di selezione si rivela fondamentale per riuscire a mantenere elevata la qualità del lavoro dei Social Media Manager: inciampare per eccessive moli di lavoro o per la canonica urgenza che contraddistingue alcuni clienti non è raro e, in certi casi, può coincidere con danni di grossa entità. La reputation aziendale non deve essere minata da scenari del genere: oltre a potenziali errori da parte dei SMM, bisogna aggiungere la necessità di monitorare costantemente i profili social del cliente, per fare moderazione: anche un singolo commento negativo, infatti, erode la percezione esterna del brand più di quanto sia dato immaginare.