Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
La comunicazione più efficace è quella vera, l’unica duratura.
Le aziende non stanno cambiando il proprio asset comunicativo, stanno comprendendo che i loro clienti, per essere tali, vogliono sapere quali battaglie i brand combattono (e che le combattono), vogliono conoscere quello in cui le aziende credono, ciò che sono disposte a fare per migliorare il proprio pezzo di realtà.
Esprimere ciò che per le aziende è importante e dimostrare coi fatti che lo è davvero è l’unica strategia possibile per raggiungere la GenZ. Le aziende sanno che parlare di sostenibilità è interessante per i consumatori, il rischio però è che si tratti di semplice green washing, non di un cambiamento strutturale e un consumatore attento trae le proprie conclusioni; ciò che sembrava strategico diventa un volano per il discredito, perché insincero.
Per noi di mmad la strada del cambiamento passa dalla verità, quasi un ossimoro per il pubblicitario dell’immaginario – invece uno strato solido della comunicazione nel conformity assessment e nella certificazione etica – per la fedeltà dei consumatori giovani.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
La comunicazione di brand a cui abbiamo assistito in questo anno è stata per lo più una corsa all’omologazione dettata in effetti anche dal contesto (necessità di rapida reazione, situazione generale incerta, budget ridotti) e non soltanto dalla scarsità di visione di chi fa il nostro lavoro.
I linguaggi stessi si sono appiattiti su terminologie che hanno attraversato trasversalmente la comunicazione di tutto il 2020 e che in parte ci portiamo ancora dietro; ciò che valeva per la media azienda alimentare si trovava anche nella comunicazione della multinazionale di abbigliamento.
Il Festival Internazionale di musica classica, Virtuoso&Belcanto che da anni comunichiamo, nel 2020 non si sarebbe certo potuto svolgere – così come tutti gli eventi live. Per il tipo di evento, la soluzione di passare online era decisamente rischiosa. La sfida di comunicazione per mmad è stata valorizzare il potenziale di novità che questa situazione aveva svelato.
Abbiamo lavorato sulla partecipazione del pubblico, per una volta davvero senza limiti, logistici, economici, sociali. Sul concetto stesso di connessione, ben più che web, che la musica genera. Nel momento in cui abbiamo iniziato a guardare al di più che avremmo potuto contribuire a creare, anziché a ciò che era tolto, è stato semplice fare la differenza.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Spesso il focus è sui mezzi di comunicazione, sui diversi e sempre più numerosi strumenti. I social – in senso esteso – hanno conquistato un posto d’onore nella comunicazione di brand. Ma trovo che questo non sia il punto interessante.
Sono strumenti. Anziché parlare di strumenti credo sia molto più interessante parlare di linguaggi.
Non esiste un linguaggio standard che vada bene in ogni contesto, non esiste nell’interazione umana di nessun tipo. Ci si adatta, si seleziona e si modula il linguaggio coerentemente con ciò che desideriamo raccontare. Il tema non sono i social ma ciò che le aziende hanno da dire a chi compra. Conoscono sempre i loro clienti? Sanno cosa desiderano, dove si trovano, cosa guardano o ascoltano? Allora parlare con loro sarà naturale, usando gli stessi strumenti o creandone di nuovi.
I social sono gesti con cui ci esprimiamo, ma ciò che conta è sempre quello che abbiamo da esprimere. Aiutiamo le aziende a usare il loro linguaggio, gli strumenti seguiranno.