Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
Io lavoro proprio all’interno di un’azienda, quindi il mio punto di osservazione è inevitabilmente diverso rispetto a quello di un’agenzia.
Ho però la fortuna di occuparmi di brand e comunicazione, ma sempre agganciati a una visione di sostenibilità. Seguo quindi con grande attenzione il crescente interesse nei confronti di ambiente e società, cui l’emergenza Covid-19 ha impresso un’accelerazione impetuosa.
Per rispondere mi collego alla citazione di Lily sull’abilità di riuscire a cambiare come nostra unica certezza. Non so se le aziende oggi abbiano questa certezza, ma soprattutto temo che siamo tutti un po’ confusi su quello che dobbiamo cambiare.
Se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che il futuro, quello che sta iniziando oggi, sarà diverso dal passato che si è interrotto a febbraio 2020. Sono cadute barriere e si sono sovrapposti gli spazi: privato e professione, salute e malattia, sicurezza personale e benessere collettivo.
La sostenibilità – intesa in senso ampissimo come sistema che riesca a progredire garantendo a tutti, oggi e domani, risorse e benessere – è un’esigenza comune e urgente, richiede un impegno collettivo.
Insomma, non sono in grado di valutare come le aziende stiano richiedendo un cambio del proprio asset comunicativo. Credo debbano farlo con la consapevolezza che oggi stiamo tutti creando le basi di un nuovo ecosistema, in cui le imprese più che mai sono chiamate a muoversi come soggetti sociali, le cui azioni non si possono limitare al business. Devono a tutti i costi evitare di cavalcare la sostenibilità come fosse un trend, ma mettere a fuoco che cosa e come comunicare partendo dal ruolo che intendono esercitare nella realtà che si sta delineando, per prima cosa definendo un purpose credibile, realizzabile e concreto.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Ad essere piatta e indifferenziata è la sostenibilità di maniera, il green che diventa la nuova commodity.
Ma questo non solo uccide la comunicazione, ostacola anche un percorso di reale crescita verso un modello più sostenibile per le persone e l’ambiente.
Credo che l’unico modo per essere originali nella nuova consuetudine sia essere se stessi, esprimere il proprio brand, inteso come identità propria e coerente, fatta dall’incrocio unico e distintivo di immagine, linguaggio, ma soprattutto visione: purpose – come dicevo prima -, ragion d’essere dell’azienda tutta e di ogni sua singola persona.
Però il purpose non è il pay-off o l’head pubblicitario: il creativo aiuta a distillarlo, a esprimerlo in modo sintetico e unitario, ma deve sorgere dall’azienda attraverso un processo interno di analisi e confronto. Se posso permettermi di dare un consiglio alle agenzie, direi di non accontentarsi del brief, ma di pretendere di guardare dall’interno il business, le relazioni con il mercato e soprattutto le persone che lavorano per il proprio cliente. Per comunicare in modo efficace serve raggiungere la verità, che sta sotto la superficie.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Essendo se stessi e ricordandosi una regola fondamentale della comunicazione, e non solo: non si può piacere a tutti.
Definire il proprio purpose serve anche a definire temi, toni e linguaggio della nostra espressione. Chi condivide la nostra visione del mondo ci seguirà, sui social sarà lavorando per affinità che riusciremo ad ampliare la nostra base di ascolto, senza bisogno di inseguire audience che nulla hanno in comune con noi.
Ricerche ed esperienze fra l’altro dimostrano come un brand solido, un’identità costruita con azioni e posizioni coerenti nel tempo, sia la miglior difesa in caso di crisi.