Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
La possibilità di affermare una comunicazione verso scelte ecosostenibili rimane una mera aspirazione dei grossi gruppi industriali. Non penso neanche che le medie e piccole aziende siano pronte a raccogliere la sfida delle politiche ecosostenibili. Non credo sia un problema di modalità ma piuttosto di credibilità. Finalmente son poche le testimonianze aziendali credibili a sostegno dell’ambiente o del sociale. In effetti i grandi gruppi comunicano le loro iniziative ecosostenibili ma non sono coerenti vista la dispersione e gli sprechi che la loro dimensione genera per la produzione e la distribuzione dei beni da loro generati. Le medie e piccole imprese non riescono da sole a sviluppare un progetto di produzione interamente ecosostenibile, non ne hanno mezzi e competenze. Le uniche esperienze credibili sono quelle portate avanti da gruppi di piccole realtà consorziate sul tema dell’ambiente e del sociale. Ognuno di loro riesce a garantire una parte del ciclo di produzione completo senza cadere in contraddizione nei confronti dei valori ambientali e sociali. Questo perché, al contrario dei grossi gruppi, riescono nel loro piccolo a gestire il loro processo aziendale con uno sfruttamento mirato sia delle risorse umane che di quelle naturali. Consorziandosi, ogni azienda specializzata in un settore utile al consorzio, porta il suo percorso ecosostenibile e insieme riescono a chiudere l’intero processo di sviluppo: produzione, confezionamento, distribuzione….
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Ritengo che il lockdown abbia solo accentuato alcune problematiche già esistenti prima della pandemia. In effetti a causa della drammatica caduta di disponibiltà economica, molte aziende hanno semplicemente annullato gli investimenti ai progetti volti a creare personalizzazione dei loro prodotti. Non credo che una comunicazione distintiva dipenda solo da consistenti risorse economiche. Il problema è dovuto alle limitazioni culturali; cioè non riconoscere le competenze utili per l’affermazione della propria brand. Le aziende che non erano capaci di promuoversi efficacemente prima del covid lo sono ugualmente in questo periodo di crisi. In effetti tra i settori merceologici che non hanno visto appiattire qualitativamente la loro comunicazione ci sono quelli del lusso. Anche loro probabilmente avranno ridotto le risorse, ma quello che continuano a fare lo fanno bene, come prima della crisi. Tendenzialmente, per la maggior parte delle aziende attive in comunicazione, il livello generale si è appiattito per carenza di professionalità. Le competenze costano e quelle capaci che riescono a farsi valere sono state accantonate, aspettando tempi migliori. Questo ha contribuito ad abbassare ulteriormente la qualità globale della comunicazione.
Penso che comunque si possa essere originale nonostante la crisi, però non si può più disperdere gli investimenti in risorse professionali sbagliate. Il contesto generale di scarsità economica non aiuta, le aziende tendono ad affidarsi a chi garantisce la convenienza. Così, pur di accaparrarsi il cliente, le agenzie generiche si improvvisano esperte in tutti i settori della comunicazione offrendo prestazioni a prezzi stracciati. Molte le web agency che non solo promettono risultati CEO da prima pagine e milioni di like sui social, ma che garantiscono anche una strabiliante corporate identity. Un altro notevole fattore di omologazione viene da Google che detta le leggi per essere recensiti dai suoi motori di ricerca. Tutto questo porta ad una omologazione diffusa e per riuscire a ottenere interesse, non basta pubblicare iniziative originali se poi la diversità non si percepisce.
Certamente ci vuole originalità, ma è fondamentale distinguersi chiudendo bene tutti gli aspetti strategici della comunicazione rimanendo sempre coerenti con i valori delle proprie brand; questo nella comunicazione tradizionale ma anche nelle attività online. Google permettendo!
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
I social si stanno comportando come un potente amplificatore della consuetudine. In certi comparti del food per esempio, l’impressione generale delle pagine aziendali rivela marche che esprimono tutte gli stessi valori. In effetti nel settore dei prodotti agricoli, pur se inseriti da aziende diverse, sono tantissimi i post che si somigliano, sia su Facebook che su Instagram. Qualcuno più accorto ha adottato una forma ricercata di presentazione, i contenuti però sono quasi sempre gli stessi. Nel campo degli olii d’oliva, fioriscono le immagini di piante secolari, sono innumerevoli gli scatti delle colate verdi dell’olio appena spremuto e non si contano le mani che coccolano le olive.
Questo non vale solo per l’olio, molte similitudini nei post pubblicati si vedono anche nei vini, nelle birre, nei condimenti balsamici… I social contribuiscono in modo esponenziale a questa moltitudine d’interventi tutti allineati su una convenzione di scarsa differenziazione. Questa mancanza di personalità dipende direttamente dalla facilità con cui si può comunicare sui social. Paradossalmente queste libere e semplici modalità di condivisone annullano la maggior parte delle marche perché si confondono tra le migliaia attive sui social. Probabilmente, sfruttando le varie piattaforme ma con contenuti diversi, il fattore di somiglianza verrebbe meno enfatizzato. Al contrario se lo stesso contenuto viene ripetuto in modo identico ovunque, l’omologazione dei propri valori viene esponenzialmente amplificata.
Forse questo è il più grande errore; ripetere le stesse cose sui diversi social pensando di essere originali quando in realtà non si fa altro che diffondere la propria inconsistenza. Tutt’altra cosa è invece catturare il pubblico con contenuti coinvolgenti; allora la forza dei social può essere sfruttata al massimo; la sua potenza di fuoco spargerà su tutti i social l’originalità della marca.