Le aziende stanno richiedendo un cambiamento del proprio asset comunicativo? Con quali modalità?
Più che chiedere a noi agenzia un nuovo asset comunicativo, mi sembra che le aziende stiano cambiando paradigma comunicativo. Si sono messe ad ascoltare sul serio. Sono sempre più attente a quello che i clienti chiedono, si stanno dotando di strumenti per farlo al meglio e hanno sposato una comunicazione bidirezionale. Hanno capito che mettersi in ascolto dei bisogni delle persone può trasformarsi in vantaggio competitivo: permette di farsi vicini e offrire prodotti e servizi sempre più personalizzati e rispondenti ai desideri del mercato.
In che modo si è riuscito a comunicare in un periodo di pandemia? Che difficoltà si sono incontrate sui diversi fronti merceologici? Si può essere originali e creare interesse intorno a iniziative differenti dalla nuova consuetudine?
Penso che in questi mesi abbiano vinto i brand che non si sono appiattiti sull’“andrà tutto bene” e sull’ennesimo spot da pacca sulla spalla. Ha vinto chi ha saputo leggere tra i nuovi bisogni emersi quelli più vicini alla propria proposta di valore e ha fatto qualcosa di concreto per soddisfarli e migliorare la vita delle persone.
Di certo alcuni settori sono stati più colpiti di altri. Tuttavia, a prescindere dal settore, le aziende che erano già allenate all’innovazione sono quelle che più di tutte hanno tratto opportunità dalla pandemia. Siamo stati testimoni e catalizzatori di limiti e vincoli trasformati in occasioni per essere più vicini ai propri clienti e creare valore nel mercato.
In questo, la creazione di nuove esperienze digitali e crossmediali ha fatto da protagonista: il passaggio forzato a strumenti, contesti e contenuti che escludono la presenza dal vivo hanno valorizzato chi aveva già iniziato a progettare per segmenti di pubblico sempre più articolati.
Per fare un esempio concreto, abbiamo affiancato la trasformazione di aziende venete legate ai servizi al cittadino che, già durante il primo lockdown, hanno investito moltissimo nei servizi digitali, rinnovando le piattaforme per gli abbonamenti, sviluppando una app per trovare e pagare il parcheggio, integrando ogni tipo di pagamento digitale e contactless, oltre a servizi di assistenza da remoto “faccia a faccia”, con grande guadagno per l’utente finale. L’hanno fatto presto e bene perché erano già abituate alla trasformazione.
Un altro ambito di innovazione a cui abbiamo assistito è stato quello della formazione e degli eventi, che ha investito trasversalmente tantissimi settori, compreso il nostro. Anche noi, come tanti clienti, abbiamo scelto di costruire una nuova offerta formativa che valorizzasse la partecipazione da remoto, ampliando sicuramente il bacino dei partecipanti e superando i limiti della distanza.
In che modo le agenzie possono dialogare con efficacia con gli utenti rispettando i valori e le aspettative dei brand? Quanto è difficile oggi comunicare con dei target sempre più eterogenei, considerando il notevole aumento delle piattaforme social?
Partendo dall’ascolto. In questo momento storico non abbiamo più scuse: abbiamo a disposizione i big data che ci raccontano di trend e tendenze e che ci aiutano a fare previsioni. Pensiamo alla social media intelligence che ci permette di vedere e prevedere la “temperatura” della conversazione sui social su un certo argomento. Ma abbiamo anche gli small data, pezzi di storie, spunti qualitativi che ci aiutano a entrare in connessione ed empatia senza restare ancorati a distinzioni a volte poco rappresentative come i dati demografici.
Il concetto di mindset, ad esempio, è trasversale alle generazioni e molto più utile per comunicare a target sempre più eterogenei. Lo abbiamo visto con molti dei nostri clienti: chi è abituato a usare applicazioni di food delivery, non trova nulla di strano nel ricevere a casa o nel fare pick up di prodotti erboristici, di verdura o di farmaci, a prescindere dall’età.
Queste sono opportunità che emergono quando si cominciano a immaginare delle customer journey virtuali e crossmediali. Per noi questo avviene in sessioni di co-design con il cliente in cui sfruttiamo gli strumenti dello UX Design e ci facciamo contaminare per analogia da altri settori che hanno già abbracciato la trasformazione digitale. Sono momenti preziosi e altamente generativi di nuove opportunità e, quindi, competitività.